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Sviluppo e pace


Paolo VI ha ragione: “lo sviluppo è il nuovo nome della pace”. Ma poiché noi non conosciamo altro che falsi sviluppi, costruiti sulla miseria e sulla morte, la pace è ancora lontana. Il nostro secolo ha già visto due guerre mondiali e vive ancora sotto la minaccia di una maledetta terza guerra mondiale, che porterebbe al suicidio universale. Frattanto si moltiplicano le guerre locali. E’ cosa terribilmente triste: oggi, quando i popoli si combattono, si uccidono, ci sono sempre dietro di loro lo grandi potenze che vendono armi sempre più sofisticate, costose, distruttive. Nel lontano passato si è creduto che persino un fatto irrazionale come la guerra potesse diventare palestra di coraggio e di grandezza umana; ma, oggi, dopo la bomba nucleare, la guerra è cambiata ed è soltanto orrendamente criminale, perché distrugge la vita e non rende più abitabile il pianeta. Non c’è davvero nulla di grande in questa infamia assurda, in questo progetto di autodistruzione totale!
Helder Camara
https://www.ccdc.it/documento/lo-sviluppo-il-nuovo-nome-della-pace/

 

Progresso, sviluppo, innovazione


Da alcuni decenni a questa parte il desiderio di cambiamento si è cristallizzato nell’idea di crescita economica o di sviluppo tecnologico; due prospettive che non hanno alcuna parentela con l’ideale morale e politico che ha fondato il desiderio di emancipazione dell’umanità in età moderna.
Lo sviluppo fa riferimento a un incremento di carattere soprattutto economico e quantitativo, mentre l’innovazione riguarda in particolare i mutamenti tecnologici che caratterizzano le nostre società contemporanee.
In entrambi i casi, però, stiamo parlando di cambiamenti che non parlano della dimensione civile e politica della nostra esistenza, che è invece la caratteristica del progresso.
Di un’innovazione tecnologica è infatti impossibile dire se essa sarà al servizio di un miglioramento della condizione umana o se sarà utilizzata per un più intensivo sfruttamento della natura e dell’individuo. E mirare allo sviluppo del PIL non ci garantisce che quello stesso sviluppo sia equamente ripartito tra tutti i cittadini.
Per i filosofi dell’età moderna, invece, era impossibile pensare a un progresso scientifico e tecnologico senza un progresso morale e politico, e viceversa. Per i sostenitori del progresso la libertà di conoscenza faceva tutt’uno con la libertà politica: l’emancipazione dell’uomo riguardava sia la liberazione dai bisogni materiali (fame, malattie ecc.) sia l’affrancamento dai poteri autoritari, sia la costruzione di una società del benessere sia la realizzazione dei diritti politici e sociali.
Carlo Altini, Le maschere del progresso, Marietti 1820, Bologna 2018

I limiti dello sviluppo


Vicini alla felice conclusione della vecchia lotta dell’uomo contro la povertà, le malattie e la schiavitù del lavoro, serpeggiano la disillusione e il dubbio. Cominciamo a percepire che nella nostra società tecnologica ogni passo avanti rende l’uomo insieme più impotente e più forte, che ogni nuovo potere acquisito sulla natura sembra essere un potere contro l’uomo stesso.

La scienza e la tecnologia ci hanno portato sia l’incubo dell’incenerimento termonucleare, sia la ricchezza e la prosperità; l’aumento della popolazione e lo sviluppo delle città hanno portato nuovi e degradanti tipi di povertà e di imprigionamento in uno squallido urbanesimo, spesso culturalmente sterile, rumoroso e degradante; l’elettricità e la forza motrice hanno diminuito la fatica del lavoro non manuale, ma lo hanno spogliato della soddisfazione che dava; l’automobile dà libertà di movimento, ma è diventata un feticcio e avvelena le città (da: I limiti dello sviluppo, 1972).
Di questo e di tanto altro parleremo nel numero di settembre della rivista Gruppi Famiglia dedicata a “Un mondo migliore”.
Franco Rosada