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I risultati del Sinodo

La Chiesa, con Bergoglio, sembra voler superare la stagione delle norme fisse valide per tutti, promuovendo un’applicazione «personalizzata» della dottrina e introducendo quella valutazione «caso per caso» in cui può concretizzarsi il suo essere più una «madre» prossima al vissuto dei credenti che un’agenzia amministrativa e burocratica.
Ma nel documento finale del Sinodo il principio del discernimento ha una valenza ancora più ampia. Si tratta del riconoscimento che – anche se la dottrina è una e anche se l’unità è una risorsa della Chiesa – spetta a ogni chiesa locale (diocesi), nazionale e anche continentale riflettere a fondo su quali siano gli approcci pastorali più appropriati per far fronte alle sfide che interpellano in tema di famiglia (come in altri campi) le comunità cristiane…
Per le chiese del Sud del mondo hanno il bisogno di affermare il primato della famiglia cristiana tradizionale che è per loro fondamentale per far fronte alla miseria umana e materiale, al fenomeno dei bambini di strada, alla cultura della poligamia ecc. mentre altre sfide familiari di cui si parla molto nelle chiese dei Paesi più sviluppati sembrano non avere particolare riscontro.
Franco Garelli, La Stampa, 25 ottobre 2015-10-26

Sinodo, media e famiglia

Un rischio che corre il Sinodo è di guardare ai problemi della famiglia perlopiù dalla prospettiva occidentale, mentre ben diversa è la situazione vissuta dalle Chiese cattoliche di altri continenti, soprattutto nel Sud del mondo.
Da noi i temi più caldi – anche per la ribalta offerta dai mass media – riguardano appunto la condizione dei divorziati-risposati, del riconoscimento delle coppie omosessuali, delle unioni civili, ecc. Insomma, tutti problemi connessi al moltiplicarsi delle forme di famiglia, o alla messa in discussione dell’idea tradizionale o cristiana di famiglia, o ancora a credenti e fedeli che pur vivendo situazioni famigliari che la chiesa ha ritenuto sin qui «irregolari» desiderano essere comunque accreditati di una cittadinanza ecclesiale.
Mentre i vescovi dell’Africa, del Medio Oriente, e in parte dell’America Latina riflettono contesti culturali che propongono e difendono il modello classico di famiglia, anche se gran parte delle loro popolazioni vivono a questo livello situazioni problematiche.
In altri termini, molti vescovi del Sud del mondo risultano estranei al dilemma delle Chiese occidentali se concedere o meno la comunione ai divorziati-risposati, mentre per loro è prioritario rinforzare il modello cristiano di famiglia minacciato dal dilagare della povertà, della miseria, della criminalità, ecc.
Franco Garelli, La Stampa, 6 ottobre 2015
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