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Divorzio, avvocati e figli


Avvocata Boscagli, è vero che spesso anche gli avvocati non aiutano i loro clienti a intraprendere una via pacifica alla separazione e al divorzio?

Purtroppo si. Un buon avvocato dovrebbe contenere con convinzione, investendo tempo prezioso per spiegare le conseguenze di un conflitto. Spesso le conseguenze dannose per i figli non sono evidenti nell’immediato e questo induce a ritenere che non vi sia danno, ma non è così.
Ecco, il danno. Cosa ha capito dalla sua esperienza?
Il danno non è la separazione in sé, quanto piuttosto il disprezzo che i genitori manifestano l’uno nei confronti dell’altro, esponendo tutto il loro privato e, quel che è peggio, cercando di portare il figlio dal la propria parte, anche con piccoli regali, con promesse di libertà, con consensi ad oltranza, con una serie di indulgenze, oppure sottolineando costantemente di non condividere il parere dell’altro genitore, che viene più o meno evidentemente denigrato, Ecco, li arriva la disgregazione di tutte le regole di una buona crescita.
Quali sono le conseguenze più gravi quando il divorzio diventa una guerra?
Il rischio minore è già una tragedia. Significa non fare il bene dei figli ma dare priorità ai propri interessi. Per bambini e ragazzi crescere in questo clima è devastante, anche per la serenità dei rapporti sentimentali che costruiranno nel futuro. L’incapacità di trovare un terreno comune in cui discutere civilmente spesso comporta inoltre che il giudice decida per percorsi, spesso pesanti, di vigilanza degli assistenti sociali. E questi non avendo spesso mezzi e tempo adeguato alle reali esigenze a disposizione, rischiano anche di peggiorare il disagio del minori. La più tremenda delle conseguenze è quella che induce il giudice che non ha ottenuto il contenimento del conflitto genitoriale né con inviti, né con ammonimenti a disporre l’affido dei figli ai servizi sociali o a terze famiglie.
E’ vero che accade sempre più spesso?
Purtroppo si, anche se dovrebbe essere l’extrema ratio. Questo è il vero fallimento della famiglia, la vera distruzione della crescita e formazione dei figli. Altro che il loro interesse!
Intervista a cura di Maria Corbi, Specchio de La Stampa, domenica 2 ottobre 2022

Saper divorziare

State per separarvi? Evitate i consiglieri e i simpatizzanti fanatici che fanno il tifo, e che vi incitano a distruggervi a vicenda. Evitate di fare come Totti e Ilary Blasi.
Eppure, quella vicenda ha salvato una coppia che si stava separando. Due giovani comuni, che sembravano felici, finché lei non scopre che lui aveva un’amante prima del matrimonio e anche dopo: in pratica per cinque anni è stato bigamo. Le ha sempre mentito. Fuoco e fulmini, lei minaccia, ti rovino, ti sputtano sui social (avevano i loro sei o settecento followers), entrambi si sono messi alla ricerca dell’avvocato più cattivo del West… poi scoppia il caso Totti- Blasi, e anche loro assistono al teatro penoso delle pubbliche accuse. La giovane coppia si calma d’incanto. Nel loro piccolo si specchiano in quella triste vicenda, e decidono di procedere civilmente, per rispetto di se stessi e dei figli. Il divorzio è in sé una dolorosa ottima cosa.
Che fare? Usare ogni riguardo alla parte lesa, i figli. Capire dove può arrivare la comprensione di un bambino, accompagnarlo con tutta la dolcezza possibile nella nuova strada. Avere intelletto d’amore. Se c’è.
Barbara Alberti, Specchio de La Stampa, domenica 2 ottobre 2022

Salvare la relazione di coppia


Retrouvaille è un servizio esperienziale per coppia in crisi offerto a coppie sposate o conviventi che soffrono gravi problemi di relazione, che sono in procinto di separarsi o già separate o divorziate, che intendono ricostruire la loro relazione d’amore lavorando per salvare il loro matrimonio in crisi, ferito e lacerato.
Retrouvaille è una parola francese che significa “ritrovarsi“. Vuole essere un segno di speranza per ogni coppia in crisi, un raggio di luce in una società dove i mass-media propongono come unica alternativa ai problemi di coppia la separazione o il divorzio.
Per conoscere tutte le proposte in corso clicca qui!

“SEPARAZIONE?… PARLIAMONE”


Il Centro Relazioni e Famiglie della Città di Torino, in collaborazione con la Rete dei Consultori Familiari del Privato Sociale, propone due incontri gratuiti online sul tema della separazione.
Un dialogo sulle problematiche ricorrenti in materia di separazione e divorzio, con particolare attenzione alle criticità emerse nel corso della pandemia da Covid-19, ed un approfondimento delle opportunità di sostegno che la Città offre alle persone ed alle famiglie durante la trasformazione che segue l’evento separativo.
Mercoledì 5 maggio 2021
ore 18.00 – 19.30
SEPARAZIONE E DIVORZIO, COPPIE CONIUGATE E CONVIVENTI, IN BILICO TRA DUBBI E LEGGI
Mercoledì 12 maggio 2021
ore 18.00 – 19.30
TRASFORMAZIONE DEI LEGAMI FAMILIARI DOPO LA SEPARAZIONE: RICADUTA SUI FIGLI E SULLE SINGOLE PERSONE ADULTE; LA MEDIAZIONE FAMILIARE NELLA GESTIONE DEL CONFLITTO SEPARATIVO
Iscrizione agli incontri, fino ad esaurimento posti entro il 3 maggio (per l’incontro del 5)
entro il 10 maggio (per l’incontro del 12) all’indirizzo e-mail: seminario@puntofamilia.it
Per rendere più vivace l’incontro e rispondere ai bisogni della cittadinanza, allo stesso indirizzo e-mail, si raccolgono eventuali domande.
Alle persone iscritte sarà inviato il link per accedere alla piattaforma Zoom.

 

 

 

 

 

Strade di felicità


Matrimoni in caduta libera, natalità a picco, separazioni e divorzi in crescita, conflittualità coniugale che dalle giovani coppie si sta estendendo in modo sempre più rilevante anche alle unioni più mature.
Ma se si apre Amoris laetitia(n.38) si legge che è ora di smetterla con il pessimismo, gli atteggiamenti difensivi, gli «attacchi al mondo decadente». Continuare su questa strada, «con poca capacità propositiva per indicare strade di felicità» vuol dire non aver compreso come il messaggio della Chiesa sul matrimonio e sulla famiglia «sia stato un chiaro riflesso della predicazione e degli atteggiamenti di Gesù». E cioè «ideale esigente», ma allo stesso tempo, «vicinanza compassionevole alle persone fragili».
Ecco, tra i tanti passaggi difficili, controcorrente e spiazzanti dell’Esortazione postsinodale questo richiamo al dovere da parte delle famiglie di indicare “strade di felicità” è sicuramente tra i più sorprendenti.
Luciano Moia, Avvenire, 29 aprile 2018
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Discernimento per coppie dal futuro incerto

Un’esperimento, realizzato in un Tribunale negli Stati Uniti con l’accordo degli avvocati divorzisti locali, alle coppie che chiedevano di portare in tribunale la pratica di divorzio è stato proposto di partecipare ad un percorso di “discernimento”, che prevedeva colloqui con terapeuti per capire meglio se davvero il divorzio era ciò che si desiderava (da uno a cinque incontri), ed eventualmente proseguire con il divorzio, oppure avviare un percorso di terapia familiare, o un periodo di prova di sei mesi, in cui entrambi i partner decidono di verificare davvero se il legame di coppia e il matrimonio fossero davvero finiti.
I risultati sono stati stimolanti: circa il 40% delle coppie ha deciso di NON separarsi.
Per le coppie in crisi la soluzione potrebbe essere: non rendere i divorzi più difficili, ma rendere migliori i matrimoni.
Francesco Belletti, Famiglia cristiana
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Quei corsi per sposarsi

…La domanda della giornalista [sull’aereo nel viaggio di ritorno dal Messico] è provocatoria: “La Chiesa misericordiosa ha più facilità a perdonare un assassino che non un divorziato?”. Francesco, apprezzando la domanda “plastica”, annuncia che l’argomento è approfondito nel documento post-sinodale “che uscirà forse prima di Pasqua”. Poi ribadisce che “la pastorale delle famiglie ferite” è una delle più forti “preoccupazioni” della Chiesa, come lo è pure una adeguata preparazione al matrimonio. “Pensi che per diventare prete ci sono 8 anni di studio, di preparazione e poi, dopo un certo tempo, se non ce la fai chiedi la dispensa, te ne vai ed è tutto a posto. Invece per fare un sacramento che è per tutta la vita servono 3 o 4 conferenze…”. I “matrimoni riparatori tante volte sono nulli”, aggiunge il Pontefice, ricordando che a Buenos Aires “come vescovo ho proibito ai sacerdoti di fare questo. Che nasca il bambino e che rimangano fidanzati. Quando si sentono di sposarsi per tutta la vita che vadano avanti”.
Sull’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati – incontrati nell’appuntamento a Tuxtla Gutierrez – il Papa precisa che “integrare nella Chiesa queste famiglie non significa fare la comunione”. “Io – sottolinea – conosco cattolici risposati che vanno in chiesa tre o quattro volte all’anno. ‘Eh, ma io voglio fare la comunione’, come se la comunione fosse una onorificenza… Un lavoro di integrazione: tutte le porte sono aperte, ma non si può dire più possono fare la comunione, questo sarebbe una ferita anche ai matrimoni, perché non gli farà fare, alla coppia, quella strada di integrazione”.
Zenit, 18 febbraio 2016
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I divorzi tardivi

Quanti divorziano dopo molti anni di matrimonio? Sono tante, e tanti, sempre di più: hanno alle spalle famiglie tradizionali, figli già grandi, a volte nipoti, eppure voltano pagina, spesso nello stupore dell’intero clan parentale.
“Grey divorce” è il nome americano, dietro c’è un universo che mette insieme l’allungamento della vita media, la caduta (in Italia) di tabù e vincoli arcaici, ma soprattutto la voglia di non arrendersi a una vita coniugale spenta, al desiderio che non c’è più, all’andare avanti perché l’abitudine è una sofferenza ben conosciuta.
Afferma Daniele Viviani, demografo: “oggi le donne vivono in media 85 anni e gli uomini 80. Quindi se ci si lascia a 60 anni si ha la buona probabilità sia di potersi ricostruire una vita. L’altro elemento è culturale. Molte di queste coppie si sono sposate quando ancora il divorzio non c’era, ma oggi si trovano a vivere in un mondo dove l’instabilità coniugale è una realtà, che riguarda i loro stessi figli. È un dato sociale accettato. Dunque due anziani che si lasciano non sono più uno scaldalo”.
La Repubblica, venerdì 6 novembre 2015
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La crisi della famiglia “romantica”

Negli anni Settanta del secolo scorso lo psichiatra Cooper sentenziava la “morte della famiglia”. E in quest’ ottica oggi i trend statistici di fenomeni quali la riduzione dei matrimoni, l’ aumento delle separazioni e dei divorzi sono assunti dalla maggior parte dei commentatori come gli indicatori della crisi in cui versa la famiglia in Italia.
Eppure se si guardano bene i dati, la lettura è più complessa. Se li collochiamo nel più ampio scenario dell’ Unione europea, scopriamo che in Italia ci si sposa di meno, ma i tassi di divorzialità e di separazione sono molto più bassi del dato medio.
Mettiamo al mondo meno figli, ma la gran parte di essi nascono all’ interno del matrimonio a differenza di quanto accade in Svezia, Francia, Danimarca. Sebbene la generazione di mezzo (18­-49 anni) ritenga giusto chiedere il divorzio se il matrimonio è infelice, allo stesso tempo non lo considera affatto un’ istituzione superata.
Certo, gli indicatori mostrano una famiglia in affanno. Tuttavia, gli odierni epigoni di Cooper glissa no sul fatto che le coppie con figli siano la forma familiare più diffusa, le cui funzioni di mediazione sociale diventano ancora più rilevanti.
Le narrazioni mediatiche tendono a restituirci un’ immagine amplificata e distorta della realtà. Utile a legittimare scelte politiche che alimentano una profezia che si autoavvera. Ma, per quanto possa risultare irritante, la famiglia normo ­ costituita resiste e sopravvive a quanti ne avevano previsto la fine.
Perché? E se a mostrare la corda non fosse la famiglia in quanto tale, ma la sua concezione “romantica”?
Il Foglio, 8 ottobre 2015

Le nuove paure dei bambini

Il buio? Non spaventa più nessuno. Ha fatto la stessa fine dell’uomo nero, del mostro che dorme sotto il nostro letto.
Le paure dei bambini, e degli adolescenti, sono cambiate e diventate più drammatiche, un po’ per colpa nostra un po’ perché i ragazzi di oggi sono i primi ad aver vissuto sulla propria pelle la crisi, e a rendersi conto delle difficoltà dei genitori.
La tendenza arriva dal mondo anglosassone, dove la guerra nucleare e il fallimento di sé, sia a livello scolastico sia a livello di carriera futura sono saliti ai primi posti in classifica. «La paura dei fantasmi— ha scritto Tim Lott, autore appassionato di famiglie sul Guardian — è stata sostituita da quella del fallimento».
In trent’anni, la paura di animali feroci, oscurità, vertigini si è trasformata in quella del divorzio, della guerra nucleare, del cancro e dell’inquinamento. E in tempi ancora più recenti si sono aggiunti il terrore del bullismo e quello dei brutti voti, di un’università non adeguata, di studi non appropriati alla bella carriera che i ragazzi sentono o sentirebbero di dover fare.
L’Italia non è così diversa. Secondo una ricerca appena terminata, su 483 studenti degli ultimi anni di liceo sparsi tra Milano, Parma e Catania, il 54,35 per cento dei ragazzi intervistati prova «preoccupazione» riguardo al futuro, e il 23,48 addirittura una «forte angoscia».
Matteo Lancini, presidente di Agippsa, spiega: «Si comincia con l’iper investire sui figli, che sono spesso la cosa più importante della famiglia. Basti pensare a come sono cambiate le nostre amicizie: prima i nostri figli giocavano con i figli dei nostri amici, ora siamo noi a costruire le amicizie fin dall’asilo nido coi genitori dei compagni che loro preferiscono. Poi i più piccoli assorbono un’idea di successo e di narcisismo che li convince che è il benessere la cosa più importante».
E quando arriva l’adolescenza non c’è più il normale conflitto, la ribellione dei figli contro i genitori, ma semmai l’idea che il proprio fallimento sia vissuto con grande angoscia da papà e mamma, e il desiderio di accontentarli.
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