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L’insegnamento del presepe


Mi piace ora passare in rassegna i vari segni del presepe per cogliere il senso che portano in sé. In primo luogo, rappresentiamo il contesto del cielo stellato nel buio e nel silenzio della notte. Non è solo per fedeltà ai racconti evangelici che lo facciamo così, ma anche per il significato che possiede. Pensiamo a quante volte la notte circonda la nostra vita. Ebbene, anche in quei momenti, Dio non ci lascia soli, ma si fa presente per rispondere alle domande decisive che riguardano il senso della nostra esistenza: chi sono io? Da dove vengo? Perché sono nato in questo tempo? Perché amo? Perché soffro? Perché morirò? Per dare una risposta a questi interrogativi Dio si è fatto uomo. La sua vicinanza porta luce dove c’è il buio e rischiara quanti attraversano le tenebre della sofferenza (cfr Lc 1,79).
Papa Francesco, Admirabile signum

La rosa di Lutero


“Chi è fedele in cose di poco conto [quelle di questo mondo], è fedele anche in cose importanti [le cose di Dio, la vita eterna]” Lc 16,10

Questo versetto è ben rappresentato dalla “rosa di Lutero” che l’autore descrive così: “Prima dev’esserci una croce: nera nel cuore, che ha il suo colore naturale, affinché io mi ricordi che la fede nel Crocifisso ci rende beati. Poiché il giusto vivrà per fede, per la fede nel Crocifisso. Ma il cuore deve trovarsi al centro di una rosa bianca, per indicare che la fede dà gioia, consolazione e pace; perciò la rosa dev’essere bianca e non rossa, perché il bianco è il colore degli spiriti e di tutti gli angeli. La rosa è in campo celeste, che sta per la gioia futura. Il campo è circondato da un anello d’oro, per indicare che tale beatitudine in cielo è eterna e che non ha fine e che è anche più eccellente di tutte le gioie e i beni, così come l’oro è il minerale  più pregiato, nobile ed eccellente. Martin Lutero”.

Il sacro della famiglia

Oggi, durante una breve escursione in montagna, ho incontrato diverse giovani famiglie. Papà, mamma, bambini. Insieme a trascorrere la domenica camminando nei boschi. Nello zaino qualche panino, la gioia di una bella giornata invernale, la macchina fotografica… Famiglie giovani in cammino nei nostri incantevoli boschi. E i bambini a meravigliarsi di tutto, a scorrazzare lungo il sentiero e a prendere qualche salutare “culata” per terra. In loro ho visto l’immagine della famiglia “sacra”, quella che si lascia toccare dalla sacralità della creazione, dai suoi grandi spazi, dai suoi silenzi; quella che sa gioire dello stare insieme, a contatto con la terra e col cielo.
Poco più in basso le resse ai centri commerciali – quasi si rischiasse di morire di fame o di noia dopo l’abbuffata natalizia. Un vortice di cose che non servono a nulla. E un nulla che si insinua nel cuore fino a farlo rinsecchire.
Tra vent’anni ci saranno uomini che ricorderanno la loro infanzia come una fiera delle banalità, con code ai parcheggi e alle casse, luci artificiali e relazioni di plastica.
Altri la ricorderanno come una gioiosa camminata tra i boschi, in una soleggiata giornata d’inverno. E negli occhi conserveranno la memoria delle bacche della rosa canina, il sentiero colorato dalle foglie della quercia, il richiamo degli uccelli. Nell’anima la rassicurante presenza di un padre e di una madre che sanno perdere tempo per dare al tempo la sua giusta e “sacra” dimensione.
Patrizio Righero

La vocazione oggi

La vocazione è la naturale evoluzione di un’identità battesimale.
Non esiste una bipartizione fra quelli che hanno la vocazione e quelli che non la hanno: a tutti spetta seguire il Signore Gesù in una forma concreta. E dunque il discernimento vocazionale non è altro se non il raggiungimento della maturità che qualsiasi cristiano deve raggiungere.
Quello che è mancato in questi decenni è stata la formazione cristiana. Abbiamo centrato il nostro impegno su aspetti secondari, come le tecniche della comunicazione e gli approfondimenti psicologici, trascurando quello primario: la questione vocazionale è essenzialmente spirituale. Lo afferma anche il tema di questa cinquantesima Giornata: “Le vocazioni segno della speranza fondata sulla fede”.
La vocazione è un rapporto con Dio: non dobbiamo pensare di attirare ragazzi per realizzare semplicemente delle cose belle ed efficaci, ma per valorizzare la loro relazione con il Padre celeste».
All’origine di questa carenza di informazione c’è il fatto che, a partire da una quarantina d’anni fa, si sono indebolite due istanze formative fondamentali: da una parte la famiglia (che rimase intrappolata nel delirio del consumismo e della secolarizzazione e che non si è più ripresa la sua statura piena di luogo virtuoso formativo), dall’altra noi sacerdoti (che abbiamo continuato a parlare presupponendo la fede, e con una autorità che nessuno dava più per scontata).
Di concerto a questo vuoto, negli ultimi cinquant’anni la cultura cristiana si è sgretolata e la colpa è nostra, poiché abbiamo scelto di lasciare l’ambito culturale ad altri, cosicché le nozioni cristiane sono state svuotate e banalizzate dal di dentro.
Questa non è una crisi irreversibile perché ogni momento di crisi è anche un punto di partenza e di cambiamento. L’importante è continuare ad annunciare il Vangelo senza sconti o compromessi, evitando di cadere in due istanze estreme: da un lato, una difesa rigida della posizione, senza capacità di spiegare il dato della fede; dall’altro, l’atteggiamento di chi è disposto a trattare su tutto pur di avere ascolto.
Il nostro interlocutore d’oggi, soprattutto se giovane, è spesso più alfabetizzato di noi a livello mediatico e informatico ed è capace di porre domande sostanziali.
Questa è una potenzialità, non un problema. Le risposte che attende devono essere nitide e esplicite, riproponendo con coraggio e allegria la vita cristiana come un viaggio verso cose grandi, che ha per meta il cielo.
Don Fabio Rosini, Servizio alle vocazioni del vicariato di Roma
Tratto dal settimanale Credere, San Paolo Edizioni, n. 3 2013

Quattro stracci

Con questi quattro stracci addosso,
non devo abbassare il capo
di fronte a nessuno,
non devo battere i pugni
sul tavolo della vita
per ottenere l’attenzione del cielo,
non devo sentirmi a disagio
alla mensa del tempo
e al brindisi della pace.
Mi bastano questi quattro stracci,
per entrare a pieno titolo
nel mondo delle creature di Dio,
per sfilare sulla passerella
di quanti sono amati
fin dall’eternità.
Con questi quattro stracci addosso,
assaporo l’eleganza di un universo
che abbraccia il mio orizzonte
più di quanto io possa immaginare.
Con questi quattro stracci addosso,
io sono al tuo cospetto,
un re,
un angelo,
un figlio prediletto,
Padre mio.
Patrizio Righero