
A dominare lo scenario della crisi della famiglia è l’affermarsi sempre più indiscusso – già in Italia e ancora più in altri paesi europei – della figura del single, di una persona, cioè, che è senz’altro disposta ad avere rapporti con un partner, ma tende sempre di più a evitare un legame stabile e definitivo.
Convivenze, divorzi, famiglie unipersonali, hanno come protagonista il single. Analogamente, si è restii a fare figli, perché ad essi non si può applicare la logica del «stiamo insieme finché stiamo bene insieme». Padri e madri lo si è per sempre.
Il punto è che per il single la libertà si identifica con l’autonomia, con la possibilità di operare senza essere condizionati da vincoli di sorta. E se noi non rimettiamo in discussione questa idea, il futuro sarà sempre più dominato dal declino della famiglia come comunità. Bisogna riscoprire, accanto a questo concetto di libertà, quello per cui essa non è solo la possibilità di fare e di avere quello che si desidera senza incontrare ostacoli (non a caso di questa libertà si dice che «finisce dove comincia quella dell’altro»: l’ostacolo invalicabile è l’altro), ma la capacità di scegliere qualcosa o qualcuno per il valore che vi si trova e di impegnarsi nei suoi confronti con tutto il proprio essere.
In questa prospettiva, veramente libero è alla fine solo chi sa scoprire il senso della propria esistenza in un ideale o in una persona a cui rimane fedele malgrado tutte le difficoltà. Questo non esclude l’autonomia, ma le dà un orientamento e una regola. Poter fare o avere senza ostacoli ciò che si desidera non è ancora avere compreso che cosa davvero desiderare.
Giuseppe Savagnone
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