La dottrina non può essere cambiata – afferma Kasper – ma è soggetta anche a uno sviluppo: può essere espressa con parole nuove, può essere compresa più profondamente, può essere declinata in disciplina attraverso modalità diverse, perché è nella storia umana che il vangelo va predicato, creduto e vissuto: non cambia, ma può essere compreso meglio. Tutti sono convinti che la forma e l’identità della famiglia, mutata a più riprese nel corso dei secoli, ha conosciuto in questi ultimi decenni un profondo cambiamento legato ai nuovi approcci antropologici e alle diverse realtà sociali. E il vangelo della famiglia non può essere proposto con il linguaggio, l’intransigenza e la durezza dei tempi post-tridentini…
Fino a prima del concilio i divorziati erano ritenuti ‘pubblici peccatori’, esclusi dalla comunità cristiana, a volte persino scomunicati. Ma la Chiesa, a partire dagli anni dell’assise conciliare, ha cambiato rotta fino a renderli destinatari di una pastorale attenta, piena di cure, amorevole che non li esclude dalla comunità cristiana ma li invita a partecipare intensamente alla vita ecclesiale. È in questo cammino che vanno comprese le proposte del cardinale Kasper che si domanda se l’eucaristia – il sacramento della comunione con Cristo e con la Chiesa – non possa essere a certe condizioni per alcuni divorziati risposati un viatico per la remissione dei peccati e la viva appartenenza al corpo di Cristo…
Enzo Bianchi
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